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title: Signa: opera in tre atti ... Traduzione ritmica di G. Mazzucato
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FEDEBICO COWEH
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OPERA IN TRE ATTI
G. A. BECKETT e H. RUDALL
Traduzione ritmica di A. MAZZUCATO
MILANO EDOARDO SONZOGNO, EDITORE 14 — Via Pasquirolo — 14.
SIGN A
SIGNA
OPERA IN TRE ATTI
PAROLE di
G. A. BEGKETT e H. RUDALL
MUSICA DI
lederioo f oWeq
Traduzione ritmioa dl G. MAZZUCATO
MILANO
EDOARDO SONZOGNO, EDITORE
14 — Via Pasquirolo — 14
1893PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA
Milano, 1893. — Tip. dello Stabilimento di E. Sonzo^no.
ARGOMENTO (*)
Bruno, un semplice contadino della campagna toscana, ripose ogni sua affezione nel nipote Signa, un bimbo ch'egli prese dalle braccia della sorella morente e ch'egli allevo come un proprio figlio. Bruno, avendo vissuto frugalmente, ha realizzato il sogno di comperare coi suoi risparmi i campi sui i mali egli lavoro tutta la vita e le cui rendite assicureranno a Signa un'esistenza tranquilla nel villaggio. Ma 1' ambizione di Signa si estende al di la della vita campestre: in lui sono innate l'ispirazione e la passione per la musica; egli ha appreso da se a suonare il violino, ed il suo istrumento e per lui l'anima sua ed i suoi suoni sono per lui voci che vengono dal mondo ideale. Signa, cresciuto nel villaggio con Gemma e Palma, esita ognora fra la prima, che lo esorta a seguire l'arte e gettarsi nel turbinio del mondo, e l'altra, che lo attrae verso la pace e la
(*) II soggetto del presente melodramma e tratto dal romanzo omonimo di Ouida.
tranquillita della vita rustica. Tre mesi prima che Signa diventasse maggiorenne, Sartorio, che girava per la campagna in cerca di possibili talenti da sfruttare in Napoli, vide Gemma che danzava nel paesetto e, colpito dalla di lei leggiadria, le propose di condurla con se. Gemma parlo a Sartorio di Signa e lo indusse a venire ad udir il giovanetto. Sartorio, riconoscendo la potente attitudine di Signa, gli propone di venire a Napoli; ma Bruno, che ha orrore dei pericoli della citta, lo scaccia da casa sua. Gemma, infatuata dall'avvenire che le fa intravedere Sartorio, parte con lui, mentre Bruno annuncia al suo figlio adottivo, che il giorno in cui egli diverra maggiorenne ricevera da lui il pieno possesso del piccolo podere, Signa, sentendo che l'anima sua non e per la vita dei campi, ma per 1'arte e pel suo istrumento, rifiuta la nobile proposta, e Bruno, acciecato dall'ira, strappa il violino dalle mani di Signa e lo spezza a terra.
II giorno del compleanno di Signa, Bruno commosso daH'affetto dimostratogli dal giovane che piu non gli parlo di abbandonare il paese e che, quantunque col cuore schiantato, ritorno assiduo ai lavori dei campi, gli dice che ha mutato di parere e che invece di regalargli il piccolo podere, egli si e deciso a venderlo e col ricavo fornirgli i mezzi di seguire la sua vocazione. Signa si propone di rihutare la generosa offerta, ma Gemma ritorna per indurlo a venire a Napoli e lo adesca descrivendogli la vita gioconda che si passa laggiu. Signa e combattuto da opposti sentimenti: da una parte la gratitudine per
Bruno lo esorta a rimanere; dall' altra 1' ardente desiderio di realizzare i suoi sogni d' arte e di gloria lo spinge a partire. Alia fine 1'influenza di Gemma, di cui egli subisce il fascino, trionfa e si decide a partire con lei.
Un soggiorno d'oltre un anno in Napoli avvera il timore che Bruno aveva dei pericoli della citta. Gemma dapprima corrispose all' ardente passione di Signa, ma la seduzione che la gran vita della citta. ha per lei, 1' ha ora travolta in futili e passeggieri amori. II povero giovane ne soffre, langue, la segue ovunque, e trascura l'arte, la gloria ed il suo awenire. Bruno, a cui giunse la voce della trista condizione del figlio, accorre a Napoli, per ricondurlo nel natio villaggio; ma il giovane, acciecato daH'amore per Gemma, e sperando ognora di ripossederla, non solo ricusa di seguire Bruno, ma in un impeto d' ira lo ripudia e lo abbandona, poiche questi insulto 1' oggetto della sua folle passione.
Bruno, vedendo che per salvare Signa, alia cui felicita egli ha sacrificato tutta 1' esistenza, nessun altro mezzo rimane fuorche quello di annientare la causa della di lui aberrazione, sorprende Gemma sulla porta della sua palazzina, e dopo brevi parole concitate, le pianta un coltello nel cuore.
Signa torna, e trova Gemma stesa morta al suolo; a Bruno che gli grida trionfante: « La vita ti ridiedi, » Signa risponde: « No, per sempre l'-hai distrutta per me! »
PERSONAGGI
SIGNA BRUNO IL DUCA
SARTORIO GEMMA
PALMA
Contadini, Contadine, Borghesi, Studenti, Pescatori, Fioraie, Maschere, Popolo, ecc.
La scant, net primi due atti, ha htogo in un villaggio in Toscana; nel terzo alto, in Napoli.
Epoca: 1800 circa.
ATTO PRIMO
ESTERNO DEL CASCINALE DI BRUNO.
A destra la cascina; un fabbricato vecchio di stile rustico. Davanti alia cascina, un pergolato. Nel fondo della scena, ameno e ridente paesaggio. — Pieno giorno.
SCENA PRIMA.
Palma, Contadini c Contadine.
(I contadini di Bruno entrano in iscena per riposarsi dopo il lavoro della
mattinata. Palma e le donne escono ad incontrarli.)
DONNE.
Caro e buon lavorator
Che ti alzi col mattin,
Ti sorrida il cielo ognor
Delia vita nel cammin.
UOMINI.
Dolce suona il vostro dir,
Ispirato dall' amor;
Alia casa ritorniam
Delle spose e figli al cuor!
DONNE.
Voi nei campi lavorate,
Noi, ne' nostri casolar:
Presso ai bimbi inginocchiate, Trascorriamo le giornate A vegliare ed a pregar!
UOMINI.
Si, invocate, o spose care,
II favore del Signor:
Egli solo puo stornare
Le procelle e i turbin fieri
Che fan guerra al mietitor!
INSIEME.
Ognora al lavoro
Intenti noi stiam :
La casa ed il suolo
Felici vegliam:
Fidenti preghiamo
Che un nume dal ciel
La messe di Bruno
Protegga fedel.
UOMINI (prendendo i bicchieri).
A A
Bruno, il buon padron, beviam, beviam lui salute, a lui felicita.
DONNE (versando il vino).
Si, si, con voi Noi inneggiam. Su lui discendan
Benedizion.
INSIEME.
Sempre cost Per lui passar Possano i di!
PALMA.
Voi fate ben
A Bruno di brindar: lo guardi il ciel!
(si ode internamente il suono di un
violino)
C( INTADINI.
E Signa! E Signa!
PALMA (fra se).
E triste, Sigfta, — e triste assai Che tu disdegni di lavorar. Quale illusion — poteva mai Dal tuo cammino — te deviar! Tu pensi solo — agli astri, ai fior, A quel che canta — a te il ruscel, Tu vivi, o folle, — vivi in error, 11 ver t'asconde — un vago vel!
CONTADINI.
Lo affascinar.
I cieli azzurri, il mar,
Le stelle, i fior per contemplar ognor Egli lascio il lavor.
SH '.N.\ (internamente).
Dal tenebror toglietemi,
Spirti! E col nuovo Sol « Ver me sciogliete il vol.
« Che vita da 4 E liberta! »
UOMINI.
Udite! Udite! E lui, Ei viene qui fra noi!
SCENA II.
Signa c dctti.
(Signa entra in iscena tenendo in mano il suo violino)
PALMA.
Ah Signa! Sempre vai cantando ?
SIGNA.
Si!
II canto e il raggio che fa bello il di! E nulla al mondo puo dell'arte al par L'alma deH'uomo — inebriar.
In quell'ora calma e mesta Che l'allodola, volando Sovra il mondo che si desta, L' inno all' etra va cantando:
II suo chiamar divin nell'alma mia, Un'eco ridestare non dovria? Oh! se potessi anch' io, augel gentil, Sciogliere un inno al canto tuo simil!
PALMA.
D' una fata la malia
De' tuoi sogni te fa schiavo: Fiori stan sulla tua via, Su te il cielo azzurro e cavo! Ouest' e fatal e mera vision.
E la tua vita perdi in illusion!
• Ritorna al tuo lavor, gli sii fedel, » La voce del dover odi dal ciel!
SIGNA.
PALMA,
Arte! Divino
Forza! Divino
Don del Signor, Tu guida e irradia II mio sender:
Don del Signor,
Sei guida all' uomo Pel suo sender:
La vita abbella Ed il piacer
In te s'accoglie Ogni piacer!
Diffondi nel mio cor!
Conforto sei del cor!
PALMA.
Pur pensa a Bruno, Signa: egli al lavoro Ti vuol! Deh! non volerlo tu obbliar, Bruno per l'arte non dimenticar.
SIGNA.
Ben dici, tu m'additi ognor il vero Dimenticava Bruno... si, per lui Lavoro con piacer!
(ai contadini)
Con voi nei campi andro.
CONTADINI.
Ai campi ancor Convien tornar, Lieto con voi Fu il meriggiar. La messe andiam
Ad ammucchiar In pria che giunga II tramontar.
Lieto e 1' uom all' annottar Se nel di
Egli seppe lavorar!
Chi sa ben seminar, bene raccoglie: Oggi la lotta e all' indoman le spoglie!
SCENA III.
Gemma e detti.
momento che i Contadini s'incamminano con Signa e Palma campi, Gemma entra precipitosamente.)
GEMMA.
Dove ten vai cosi? O Signa, di'!
PALMA.
Restare egli non pud. L'attendon la Nei campi i mietitor.
GEMMA.
Non puo?... Se Gemma lo desia, attendere Ei tutti lascera!
Non e cosi, mio Signa?
(con civetteria)
Ouando il Colombo
All' albeggiar
Per sciorre il volo sta,
Delia colomba
II richiamar
Se giunge a lui, rista:
Rinuncia al vol,
Ai raggi, all' aure, al ciel,
Per rimaner
Accanto a lei fedel.
Non e la verita ?
Dimmelo!....
Restar tu dei con me.
E tu vorresti
Ai campi andar A lavorar il suoi,
Quand' una bella Per conversar
Vicino a se ti vuol;
D' un augellin
Gentile men tu se',
S' andar tu vuoi
E non dar retta a me.
Non e la verita ?
Dimmelo !... Restar non voi con me?
VOINT (fra loro).
Or Gemma bella schiavo suo lo fe E s'ella il vuole, le rimane al pie.
1
GEMMA.
Signa, vi sono delle novita ! Ti porto Fama
E Liberta !
Che ? Fama e Liberta ?
i8
SIGNA
GEMMA.
Zitto ognun.
Pel villaggio andando
Tutta lieta in cor,
Qua e la vagando
Come soglio ognor, A me giunse il canto
D'un gentil pastor,
Che a danzar mi mosse
Come brezza i fior.
Almen cosi — penso un signor Di bell'aspetto, — in tarda eta, Che disse: No, — non fra pastor, Ma nel fulgor — della citta Tu degna sei — di sfolgorar. Tu nel gran mondo — devi trionfar,
Regina di belta,
Da regi e prenci accompagnata ognor! Io di te gli parlai, e per vederti
Ei qui verra.
Or spera. E Fama e Liberta t'aspetta.
lemma sventola un fazzoletto come segnale e Sartorio entra in scena, Contadini indietreggiano per lasciarlo passare.)
SCENA IV.
Sartorio e detti.
SARTORIO.
Dell'arte universale
II Mecenate io son;
Chi aspira all'ideale, All' immortalita,
Un protettore ha in me.
II piu modesto fiore M' e caro coltivar :
E i suoi nascosti pregi Al mondo rivelar.
Un usignuol, — udii teste,
Che in mezzo a voi — cantando va; Ebben dov'e ?
(Alcuni contadini spingono Signa verso Sartorio, che lo squadra da
a piedi.)
capo
Quest'e dunque l'usignol ? Su, sentiam la sua canzon.
PALMA e CONTADINI.
Vieni, Signa, noi negar.
SIGNA.
Perche — dovrei cantar dinanzi a lui ?
GEMMA.
Perthe? Perche desio
II trionfo veder del genio tuo. Io scegliero per te !
Cantagli 1' Inno di Liberta. II canto ognun secondera !
CONTADINI.
Con gran piacere.
SIGNA.
E sia.. se tu lo vuoi!
SIGNA
2C
(Signa pn
;nde il suo violino. I contadini fanno cerchio intornoi lui Mesto assiso a pie d'un faggio
Stava un di sul tramontar, P>a vizzo gia il ramaggio Dell'ottobre all'appressar: S'addensava il ner crepuscolo E scendea la notte squallida Io gridai:
O spirti, fido in voi, i Voi siate i salvator !
Dal tenebror toglietemi, Spirti! E col nuovo sol Ver me sciogliete il vol
« Che vita da « E liberta. »
Udite, udite... le lor voci son Che dal ciel scendon in soave suon Coraggio e leva — il capo altier, « Tu 1' uragano — non dei temer!
4
Da noi la notte — sen fugge a vol,
Noi siam gli spirti — dei rai del sol. Or sorgi, orsu, — libero sei,
« Oh! non temer — il tenebror, « Ma sorgi a vita, — e liberta!
PALMA c CONTADINI.
« Coraggio e leva — il capo altier, ecc.
SARTORIO.
Quest'e un capolavor!
Divino! II tuo talento, in verita, Trionfi certi — ti fruttera.
Andiam a Napoli.
SCENA V.
Bruno e ddti.
(Bruno entra ed ode le nltime parole di Sarti no)
BRUNO (vivamente).
Chi disse Napoli ?
(guarda attorno e vede Sartorio) Chi e costui ?
SARTORIO
Buon uom, dinanzi a te Sta il celebre Sartorio.
II tnovinotto se ne vien con me, II nome suo fuor dall' oscurita Uisplender ora de',
Lunge, sul mondo intier.
BRUNl >.
Quand'e cosi, la mia risposta e pronta, D'uopo non v'ha di te: m'intendi ben La porta e aperta, amico: te ne va.
SARTORIO
Io devo andar ? E chi sei tu, bifolco, Ch'osi sprezzar la piu sublime Dea, L'Artc;
BRUNi i.
Dillo alia Dea che la mia casa Non e per lei; e ten cliro il perche.
Piu de' tuoi serti d'or Son gli usi antichi bei:
SIGNA
2.:
Arde de' padri miei La fiamma entro il mio cor.
La campestre liberta
Ei volean, non la citta,
Ed io clell'odio loro pieno son. E la citta, lo so, la via del mal. Nulla che onesto sia, puro e buon Puo vivere nell'aria sua letal. Bugiardo error! — Fatal destin! II sogno e gioia, — ma morte e il fin. Va! Te ne va! — La porta eccola la!
SARTORIO.
Buon uom, gentil non sei. Ma non importa.
(s'incammina per uscire. Gemma muove verso di lui e Io senna.)
GEMMA.
S'e colpa inver
Cercar nelle citta novel piacer,
Conta anche me — fra i peccator,
Che anch' io con te — verro, o signor.
(Sartorio le fa un inchino ossequioso.)
CONTADINI.
Tu vuoi partir?
SIGNA (stupesatto).
Vuoi sola andar con lui?
GEMMA (con intenzione, a Signa).
Si..., a men, che tu mi segua.
SARTORIO (a Gemma).
Fra un'ora partiro. Pronta ti fai Dove trovarmi il sai.
(Gemma e Sartorio escono.)
ATTO PRIMO
83
BRUNO.
Ognun ha il gusto suo: al giuoco lor,
Noi al lavor.
CONTADINI.
Ai campi ancor Convien tornar,
Finito omai E il meriggiar.
(Palma ed i contadini si allontanano. Bruno, come preoccupato, fa qualche
passo, poi si ferma e fa cenno a Signa di arrestarsi.)
SCENA VI.
Bruno c Signa
BRUNO,
Di', Signa, di'... Aveva 1' intenzione Di dirti qualche cosa.
Quell'imbecil mi fe pruder le man Ma il sol pensier
Ch' alcun s' attenti di strapparti a me Mi sprona e m'incoraggia ancor di piu Ad aprirti il mio cor.
(breve pausa)
Un di lontan, allor che in fiero duol
Gemeva l'alma mia,
L'inesorata morte, all'annottar,
La suora mi rapia.
Mori! — Ma te lasciavami, Te, o innocente pargolo!
SIGNA
-4
Ti strinsi sul mio sen
E ritornai seren.
Sentiva i raggi d'un novello amor Ridar la vita al povero mio cor. O sovvenir! O lieti, o santi di! Beati istanti, il ciel vi benedi!
SIGNA.
Ed io, mio padre, mai potro scordar, Le cure che volesti a me sacrar!
BRUNO.
Dal lido il venticel
Portava al mio battel Sereno sovra il mar, L'eco del tuo cantar.
E la tua gioia, ognor
Gettava uno splendor Su quei beati di!
Ah! tu non sai quant' ansie, quante febbri Per comperar il suoi che coltiviam! Ma, grazie al ciel, la meta del desire Raggiunsi alfin '.
L3
SIGNA
O padre, il tuo gioir m' allieta il cor: Iddio ti guardi, ti protegga ognor.
BRUNO.
Ei mi proteggera
Poiche non fu la smania del denar Che questi ben mi trasse a conquistar:
No, fu il desio, figliuol, di provveder Per te.
SIGN .
Padre! Che dici?!
BRUNO.
Ben presto la maggior eta tu avrai, Ed in quel di padrone ti faro
Di tutto < piello ch' ho.
SIGNA.
Mio padre!! BRUNl >.
Ebbene ?
Che te ne pare ?
(Signa rimane perplesso e muto guardandn Bruno) Non parli piu?...
Non sai che dir?... Che pensi mai?
SI< 1NA (con sforzo). Padre, perdona!
Ingrato a te parro — e senza cor. Ma il don non vo' accettar.
BRUNO (maravigliato)
Rifiuti il don ! Rifiuti ?
SIGNA.
<) 1 >adre, il so — che a te parra
Ch'io oetti ai venti — il mio awenir,
Da tanta pace — nel dipartir!
E questa pace — e cara a me;
Pur una voce — udir si fa
Che bisbigliando — sommessa va:
« Fra queste solitudini
« Non volge il tuo cammin :
« Nel mondo che tumultua, « Con santo ardor divin « E con voler indomito
« Vedrai la via del ciel! » Accent! dolci e sovruman Lo spirto parla ardente, arcan: Ed i divin — soavi suon
Certo del cielo — gli echi son, Che dalle corde vibrano
Al tocco di mia man
Amico ver! O sol consolator!
(accennando il suo violino)
I cui concenti angelici Abbellan tutta l'anima Come le stelle il ciel!
II vomero guidando alia campagna Scorato, e senza voglia,
Ben conscio che sommettermi dovrei Poiche sapeva, ohime!
Che sordo tu saresti al mio parlar:
Ognor sperai
E larve d' or sognai;
Dell'arte il richiamar sempre ascoltai, Blando nel venticel
E nel ruscel, Tra i fiorellin, Tra i mesti pin.
Nel lamentoso mormorio del mar,
Nel sorridente maggio,
Nel tonante uragan,
Nell'essenza e nel cor Di cio ch'e vivo e bel.
(prende il suo violino con emozione)
E fu il tuo suon, — dolce usignuol, Che mi sostenne — in tanto duol E ch'or ardire — m'infonde in sen!
(a Bruno, con fermezza ed affetto)
O padre mio, rifiuto i tuoi terren. Perdon ! ne scemi in te
L' immenso amor per me. Deh, m' ama ancor e di' Che mi comprendi alfin.
La vita mia, no, no, non e laggiii,
(indicando i campi, e poscia stringendo al cuore il suo violino)
La vita mia..., per me la vita e qui!
(Bruno, che ha ascoltato Signa con collera sempre crescente, alle di lui
ultime parole non si trattiene piu : si slancia verso Signa, gli strappa
il violino di mano e lo getta furiosamente al suolo, frantumandolo.)
BRUNO.
Distrutto sia
II tuo avvenir!
Pera, come io codesto frango al suoi! (Signa indietreggia inorridito. Cala rapidamcnte la tela.)
Fine dels atto primo.
ATTO SECONDO
INTERNO DEL CASCINALE DI BRUNO.
Grande apertura nel fondo, attraverso la quale si vedono i
campi e al di la le colline coperte di vigneti. Bruno, as sorto in profonda meditazione, guarda verso la campagna
SCENA PRIMA.
Bruno avanzandosi.
Cosi non puo durar. — Ei pace non ha piii
Chi puo
La foga soggiogar
I )ella fiumana che si gitta in mar,
Fatal,
Con forza senza ugual?
E Signa trattener forse poss'io?
Rancor non mi serbo pel mio furor
E me lo prova appien col rinunciar
A tutto che dolor mi puo recar.
No, noi sara!
Se nel lasciarlo il cor si spezzera...
Lo sento! De' partir!
SIGNA
NeTieti di che furo, un sogno sei:
In un leggier battello io mi credei,
Lunghesso un fiumicel dal margo in fior,
Scendea nel vespertin, tranquil chiaror.
Ma tutt'a un tratto il cielo s'oscuro, ■ Di nube in nube il tuon rumoreggio
Venendo da lontan,
E l'uragan Si scateno
E remi e vela a me furo,
E andai sol, travolto verso il mar! Sorse alia fine il sol, torno il seren,
E solo mi trovai su stranio suoi; Ma la dolcezza d'ier e il lido amen Fra le memorie avean spiccato il vol!
(Signa
entra.)
SCENA II.
Signa e detto.
BRUNO.
Oh! benvenuto!
Quest'oggi hai ventun'anni E sai che ti voleva festeggiar Col darti il posto mio.
SIGNA.
Dal cor te ne son grato.
BRUNO.
Eppur, Signa, ho cangiato il mio pensier, Festeggeremo il giorno ancor piu ben.
footnote:[Possible signature: "30"]
I miei poder vo' vendere e il denar Lo impieghero per farti studiar. Ouest'e il regalo
Che oggi faccio a te.
SIGNA.
O padre, piu che padre sei per me!
BRUNO.
Da un pezzo so
Che si doveva alfin venir a cio
SIGNA.
Ma no! Non partiro,
A tanto amor ingrato non saro. Scordiamo Napoli, e i sogni miei! Io qui tranquil vo' vivere con te.
L'augel che il nido tepido
Lascio, vi torna ancor, Che nella fredda
Immensita
Conforto e requie
Aver non sa!
No, non ti vo' lasciar!
BRUNO.
Figliuolo, pensa a quel che fai:
Dio sa che prigionier qui non dei star, Ebben; rifletti a cio!
Al ritornar, la decisione udro.
SIGNA.
Ei dice « prigionier non devo star! Con lui ei mi vorrebbe,
Pure ad andar m'esorta.
Possa un'ispirazion venire a me E me guidar,
Poiche smarrito io son, Ne risolvermi so!
(Signa si lascia cadere su di una panca. Palma entra seguita da conta dini e contadine. Gli uomini portano dei frutti, le donne dei fiori come
presenti pel compleanno di Signa.)
SCENA III.
Palma, Signa, Contadini e Contadine.
TUTTI.
Ewiva il padroncin!
I voti piii sincer
Ti fan servi e vicin.
Per cent'anni e cento ancor Lieti giorni in questo suoi Ti conceda il buon Signor!
DONNE.
Ouesti fior degna accettar,
Colti fur da man gentil;
Le fragranze piu sottil Tu le send a te esalar.
UOMINI.
Ouesti frutti de' accettar
Che teste spiccati abbiam:
Solo in essi ritroviam
La freschezza che in te appar
Turn.
Giorni felici,
Giorni di pace Splendano osfnor!
1 )a te lontano Fugga il dolor!
contadini depongono i loro present! su di una
PALMA.
Accetta l'umil don, E il meglio che posseggo,
Un amuleto;
Fu la mia santa madre
Che nel morir
A me lo die.
Conforto sempre a lei,
Panciulla ancor, ei fu:
Nell'ansie, nel timor,
Nel gaudio, nel dolor
Serbo la sua virtu.
Del viver la tenzon
Prdente ella affronto,
A' suoi dover fedel,
Sperando ognor nel ciel
Che mai l'abbandono.
E l'amuleto sacro
A lei ognor res to.
Signa, tu il dei serbar, Conforto a te puo dar
In ogni avversita.
TUTTI.
Giorni felici,
Giorni di pace Splendano ognor !
Da te lontano Fugga il dolor. SIGNA.
Commosso m'ha cotal gentil parlar, Pure una voce sento sempre in me,
Che all'anima bisbiglia: « te ne va. »
Oh! che il destin
Mi mandi alfin Un angelo o un demonio, A me un sentier
Per additar!
(Gemma, preceduta da Sartorio, entra abbigliata colla massima
eleganza.)
SCENA IV
Gemma, Sartorio c detti
CONTADINI.
Gemma! Gemma!
SIGNA.
Tu Gemma!
(;i:\i.m \
Si, son io,
Colei che un di contadinella fu,
E ch'ora il mondo intier si vede al pie. Cangiata son?
SIGNA.
Cangiata o no, pur sempre bella sei, Regina sei davver.
SARTORIO.
I cittadin fe' matti diventar.
GEMMA.
Tu vedi ch'io non mi scordai di te.
SIGNA.
Non mi scordasti tu."
GEMMA.
Lo sai perche son qui?
Venni ad attrarti fra quel mondo bel E a dirti: vieni, Signa, vien con me.
SIGNA.
Ah! no, noi posso far! Giurato l'ho: E qui degg'io restar.
GEMMA.
La fiamma e spenta gia ch'ardeva in te? Ouello che perdi in rimaner, noi sai.
Presso al mare,
I7ra roseti,
Cedri, mirti e allor.
Fra gli olezzi, Fra i vapor.
Dove pare
Che s'acqueti L'ansia d'ogni cor Come in sogno
O in stupor, In un estasi
Che invidia il ciel, il vivere e delir. La stelle e fior Parian d'amor: —
Fra cielo e mar D'augelli al par
Sciogliendo il vol,
Sereni, estatici, Gli amanti van.
PALMA e CONTADINI.
Lo tenta; ed or di lui che diverra? Ai vezzi cedera?
SIGNA.
Gemma, non mi tentar.. Giurai di qui restar!
SCENA \
Bruno e dctti
(Bruno entra in iscena non accorgendosi della presenza di Gemma e
volt;e a Signa.) BRUNO.
1 n
Ebbene, Signa, te ne vuoi andar, Oppur risolto hai di qui restar;
(si volta e vede Gemma)
Gemma! Tu qui?!
ATTO SECONDO
GEMMA.
Si, si: io qui da Napoli venii
Per dire a Signa di partire, e a lui Per indicar la via che il condurra A vita e liberta.
P,KUNO,
Yero quest'e
SIGNA (esterrefatto), Nol domandar!
Smarrito sono. Nulla so. — Al par 1 )i fragil barca in mar
E priva di nocchier, vacillo ognor, Incerto del cammin, nel tenebror. Sol l'oceano: — nulla
Fuorche 1'immenso ner Dell' alta oscurita!
BRUNO
Vien, dimmi, (|ual poter cotanto opro E il tuo pensier cangio?
E fama, oppur amor che parla in te?
GEMMA.
( )gni sognato ben t'attende la.
s|(A .
Oerni ben che sognai... E l'amor tuo?
GEMM .
Chi sa? Nell'avvenir chi legger puo?
SIGN .
I )i me non ti far gioco!
GEMMA.
Vieni e vedrai se io ti dissi il ver.
(quasi fra se) « Fra cielo e mar
« D'augelli al par « Sciogliendo il vol,
« Sereni, estatici,
« Gli amanti van. »
SIGNA.
Resister piu non so!
(si rivolge a Bruno)
Padre! Tu fa di me cio che tu vuoi, Al mondo inter la colpa mia dir puoi, Solo un istante or fa m'udisti dir Ch'io non voleva piu di qui partir, Ma la parola data non tien piu... Non domandarmi la ragion qual tu, Ch'io sembri ingrato, vile, ben lo so, E ad ogni accusa mi rassegnero. Pur talvolta, quando io sia lontan, Se i di passati ti ritorneran,
Perche da te io mi dovei staccar, Oh! no, tu dal tuo cor non mi scacciar
CONTADINI.
Dai vezzi suoi
Ei vinto fu;
Lasciarla omai Ei non puo piu.
GEMMA (a Signal
Vien! Ce n'andiam.
(Signa va verso Bruno, gli prende convulsamcnte la mano e gliela ba cia con profonda emozione.)
SIGNA.
Non mi scacciar, non mi scacciar di qui Sdegnato, padre mio! Ah! forse un di L'immensa angoscia del mio cor saprai, E la tortura orribile
Che lo dilania nel strappar a te La fede che riposta avevi in me.
BRUNO (dominando l'emozione).
Ten va! Che mente umana a dir non val Se il tuo partir sia bene, o se sia mal. Non hawi nel mio seno alcun rancor, O figlio, verso te.
L'amor trionfa in me,
S'anco in lasciarti mi si spezza il cor.
CONTADINI.
Ten va! Che mente umana a dir non val Se il tuo partir sia bene o se sia mal. Non sa nutrire Bruno alcun rancor,
O Signa, verso te; Ma ben crudel tu se',
Nel dare al padre tuo si gran dolor.
(Bruno si abbandona scorato su di un sedile. Palma va presso lui per con fortarlo. Gemma e Signa, seguiti da Sartorio, si allontanano lentamente,
mentre cala la tela.)
Fine dell'atto sccondo.
ATTO TERZO
Uno spiazzo in un sobborgo di Napoli. A sinistra, signorile palazzina con finestre illuminate dall'interno. Una gradinata davanti alia porta. Nel fondo la baia di Napoli rischiarata dal plenilunio. E una sera di carnevale.
SCENA PRIMA.
Studenti, Pescatori, Fioraie, Popolo, Maschere
che passeggiano, danzano c discorrono.
LA F( H I \
Danza fin che vien l'aurora!
I )anza, e l'ora del piacer!
Danza, e piu del vento ancora
II tuo passo sia leggier.
Danza, danza fin che il mondo
Sembri al par di te girar,
Fin che gli occhi bei nel fondo
Del tuo cor van a frugar.
1 )anza! va! Se prigionier
Farti amore tentera,
I suoi ceppi non temer:
E il suo career volutta!
FI0RAIE.
Fior, chi vuole fior!
Fior! Narcisi abbiam e mammole, Freschi, dolci e roridi:
Gelsomini candidi Dagli inebbrianti odor.
(Gmppi di studenti e di pescatori si awicinano alle sioraie)
STUDENTI.
Fior tiene fiore!
Sceglier non sappiam! Rose o labbra di coral,
Gigli o guancie senza ugual. Gelsomini o bei visini...
Fior tiene fiore... Sceglier non sappiam.
PESCATORI.
Date i vostri fior,
Sceglier noi sappiam, Rose o labbra di coral,
Gigli o guancie senza ugual. Gelsomini o bei visini...
Fior tiene fiore... Ambedue prendiam.
LA KOLLA.
Danza fin che vien l'aurora!
Danza, e l'ora del piacer, ecc
(La folia si disperde, ad eccezione degli Studenti che si siedono attorno
alle tavole. Signa entra triste e pensieroso.)
SCENA II.
Signa c dctti
STUDENT!.
Sempre in preda a fantasie?
SIGNA.
Lasciatemi tranquillo.
STUDENTI.
Se Gemma un altro ne trovo, Gettar ai venti l'avvenir E la tua fama vuoi per cio?
Ahime! sei cotto! E piu non vale il dir!
Sii a .
Lasciatemi tranquillo!
STUDENTI.
La fama ov'e? E l'arte5 E i sogni d'or? Negletti son, sfumati, pace a lor!
Spariti d'una fata all'accennar.
(canticchiando una canzone popolare e strimpellando le loro chitarre)
« Perche, giovinottin, cosi t'accori
« Per dama che non vuoi di te saper?
« Fra tante piccirelle trova fuori
« Una a cui tu potrai di piu piacer. »
SIGN A.
Ah! non scherzate piu.
STUDENT!.
Ebbene, camerata, S'ami l'amore a tre, Entrai tu puoi.
(Signa fa un movimento come per dirigersi verso la palazzina, ma udendo
la voce di Gemma si arresta.)
I '.EMMA (internamente).
Stavan due fiori, i due piu bei
In tutta la lor gloria D'olezzi e tinte, innanzi a lei
Ch'e Diva del piacer.
Rivolta al giglio candido
La Dea cosi parlo:
- Di morte e il tuo pallor presagio a me, < O giglio, tu per me il fior non se'. »
STUDENTI.
Quest'e la tua canzon...
SIGNA.
Zitti! La vo' ascoltar.
GEMMA (internamente).
Ed alia rosa ardente, allor
La Dea gridd con gioia:
Oh! ch'un tuo bacio, un bacio, o fior, Delirio, ebbrezza da.
Fior, tra piu bei, bellissimo, O rosa, mio sei tu.
O rosa, vien! L'ebbrezza infondi in me, Ardente rosa, che il piacer sceglie! •
(Gli Studenti, din-ante la seconda strofa, ripetono a frammenti le cadenze di
Gemma.)
ATTO TERZO
15
SIGNA.
Andate via! Qui solo vo' restar
STUDENTI
Troppo giusto, se ti piace La tua cantica d'amor! Povero Signa!
(si avvianu ricantando la canzone popolare)
Perche, giovinottin, cosi t'accori, ecc.
SIGNA (portando la mano allo stiletto).
Xon piu, ragazzi, o mal la finira!...
STUDENTI (ridendo).
Ma, sissignor... lei vede ben... si va!
(escono cantando e ridendo)
SCENA III
Gemma c Signa
(Gemma appare sulla porta della palazzina e vedendo Signa va verso lui.)
GEMMA.
P2d 9r che cosa c'e; Seguirmi a che ti val? Che vuoi?
SIGNA.
Chiederlo puoi?
Se leggere nell' imo del mio cor Potessi tu l'immenso amor Domanda tal non mi faresti mai!
Gemma, tu il sai Che notte e di
Ploro qui.
Sai che v'e piu Nulla per me,
Fuor di te.
Donna o vision, Deh non fuggir,
Non sparir!
Resta, se in te
Di me pieta Ancor v'ha.
GEMMA
E che? II tuo sognar Mai fine non avra?
E l'arte un ideal, La vita e realta.
Restar non posso. Attesa son
SIGNA.
Ten vai? lo so,
Ten vai! Ch'attesa sei io ben Crudele, so, a chi ritorni tu!
Ten vai! E mentre tu t'inebrii in gioie, E canti, e amor — io, folle, languo qui.
GEMMA
Oh, folle inver tu sei.
Quale mi vuoi, trovarmi non saprai.
SIGNA.
Piu nulla son omai per te? L'amor e spento nel tuo cor?
ATTO TERZO
W
Sacrificato ho i ben piu cari, E fama ed arte e gloria e onor Solo per vivere ai piedi tuoi, Ed esser tanto crudel tu puoi!
GEMMA.
Comprender non mi sai.
Libera nacqui e libera morro,
Schiava d'amore mai non fui, ne son: Per sospirar e lagrimar, lo so, Me il ciel non fe"; se il credi e un'illusion, Odio la gelosia, voglio il piacer,
i>
L'ore gioconde ed i sereni di; Amo la vita che non ha pensier. Mutarmi tenti invan : io son cosi.
SIGNA.
Ed io!... Mutarmi non sapro! Incatenato m'hai,
Tuo schiavo son per sempre!
GEMMA.
£ la vita un'ora breve, Un istante e gioventu,
Giunge, passa e non vien piu.
A che languire? A che soffrire?
Prendi il gaudio del momento Ch'e fugace piu del vento. Sul cespo nel giardin
S'apre libero il fior,
Ma colto, perde il suo profumo e muor.
SIGNA.
Ah, noi dir! cosi non dire. L'amor vero non ha fin! Di me stesso piu potente E la forza che mi tragge Senza requie verso te. Se m'ami o no, e mio destin Morir o viver a te vicin!
(Gemma rientra nella palazzina)
Strazio crudel! Essa pieta Del mio dolor, Del mio martor, In cor non ha!
(Signa si lascia cadere su di uno sgabello e rimane immerso in triste me ditazione. Frotte di maschere traversano la scena nel fondo. Quando
tutti» e ritornato in calma, Bruno entra.)
SCENA IV.
Bruno, Signa c il Duca con Gemma.
BRUNO.
tdla dimora qui!
E certo qui d'intorno Lo trovero.
Dall'abisso fatal salvarlo io deggio!
Gran Dio! Deh fa che in tempo ancor io giunga!
(Signa s'alza per uscire ed incontra Bruno.)
ATTO TERZO
W
SIGN... Bruno! BRUNO. Mio Signa! SIGN... A che venisti? BRUNO. A che!
Solingo, vecchio, non potea durar Nella tristezza del mio casolar; La luce n'eri tu, — n'eri il sorriso, N'eri la vita: e vita, e luce, e riso Senza lamento avrei sacrificato Per amor tuo: ma quando m'han narrato Che languente, scorato,
Gemevi tu,
II mio figlio a riprendere volai, Per non lasciarlo piu.
(con tenerezza)
Vieni, Signa.
SIGN V.
Non posso.
BRUNO.
Valli e colli
Si rinverdano, vien. —
SIGNA.
Padre, noi posso.
4
SIGNA
BRUNO.
Dunque e vero! II poter che t'incatena E il forsennato amor d'una sirena!
SIGNA.
Oh padre! Io l'amo, Di Gemma ho d'uopo Come dell'aura
Come del sol!
BRUNO.
Ma seguirla che val, s'essa non t'ama?
SIGNA.
E che m'importa? M'ami o non m'ami, Sottrarmi e inutile Al mio destin!
BRUNO.
Ah per lo ciel! E tutto, Arte, fama, avvenir
E sovvenir
Dentro il tuo cor distrutto
Da una cieca passione maledetta Per quella donna abbietta!
SIGNA.
L'atroce insulto
Ha spalancato un baratro fra noi; Nulla sei piu per me!
(si precipita fuori di scena)
footnote:[Possible signature: "50"]
ATTO TERZO
si
BRUNO.
« Nulla sei piu per me? » Io t'ho perduto5 Frustrata e l'opra della vita mia?
Ah no! Malgrado tuo ti salvero, Foss'anche a prezzo
D'eterna dannazion, Annientero
D'ogni tua pena la fatal cagion. Ed ora a noi!
Duca e Gemma escono dalla palazzina. Si ode in distanza la canzone popolare degli studenti.)
IL DUCA. Piu dell'usato bella! GEMMA. Quando ci rivedrem? IL DUCA. Doman, mia vaga stella. GEMMA.
Mio cavaliero, addio.
IL DUCA.
Doman, idolo mio.
Duca si allontana. Gemma fa per rientrare nella villa; ma Bruno, che l'ha riconosciuta, le sbarra la via.)
SCENA ULTIMA.
Gemma, Bruno e Signa.
BRUNO.
Una parola.
GEMMA.
Chi sei tu?
BRUNO.
Son Bruno!
GEMMA.
Tu!
BRUNO.
Si, son io!
GEMMA.
E qui chi mai ti manda?
BRUNO (con forza).
Vendicator il cielo mi mando!
GEMMA.
Non ti comprendo...
BRUNO.
Inver ?
(,EMMA.
Lasciami!
BRUNO.
No,
Ora t'ho in mio poter E tu mi dei sentir.
Avea un tesoro Piu prez'ioso
Che le gemme e l'oro;
Era un tesor I >i santo amor, Di palpiti del cor. Oh, tu, demon, Dannata sii
Co' vezzi tuoi Che l'ammaliar, Ed i suoi fulgidi Sogni sugar.
Tu il seducesti: All'amor mio Tu lo togliesti Ed ora il fio Scontar dei tu.
GEMMA (con indifferenza).
Ma Signa e libero, Ti puo seguir.
BRUNO.
E troppo tardi! Fin che tu vivi, Fin che ti vede. Nessuno toglierlo A te potra.
GEMM \ (spaventata).
Che vuoi far!
BRUNO (con esaltazione crescente).
Liberare
Lo vo' da te.
GEMMA.
Uccidermi vuoi tu!
BRUNO.
Si.
(afferrando il coltello)
GEMMA.
Pieta.
BRUNO.
Maledetta!
GEMMA.
Aiuto!
BRUNO (la ferisce).
Muori!
Cosi sciolto da te sara per sempre!
(Signa e popolani accorrono dal fondo)
SIGNA.
Gemma, mia Gemma! Ciel! Non batte piu il suo cuor.
BRUNO.
La vita ti ridiedi.
SIGNA.
No! per sempre
Distrutta l'hai per me!
Cala la tcla.
Prezzo L. 1